top of page
formato sito.jpg

ANIGraFED

Associazione Nazionale Italiana
Grafologi Forensi
ed Esperti Documentali
Corte di Cassazione.JPG
Sentenza n. 2671 della Sezione Civile della Cassazione
Pubblicata il 5 febbraio 2020

Il CTU designato deve necessariamente essere iscritto all’albo del Tribunale?

​

I documenti utilizzabili per la verifica devono essere solo quelli depositati nei termini di cui all’art. 183 CPC?

 

Il CTU può far ricorso ad un ausiliario? 

​

  A queste domande risponde la sentenza n. 2671 della seconda Sezione Civile della Cassazione, pubblicata il 5 febbraio 2020.

 

    Come sanno molti consulenti, sempre più spesso, la seduta di inizio di operazioni diventa occasione di lunghe diatribe tra gli avvocati presenti; uno dei temi ricorrenti riguarda  l’ammissibilità o meno di determinati scritti di comparazione. A volte si tratta di questioni apprezzabili, altre di eccezioni del tutto strumentali e rispondenti a strategie difensive che poco hanno a che fare con la appena avviata  verifica.

  

    Anche se bisogna ricordare che la consulenza è pur sempre una fase del processo e, come tale,  naturalmente vocata a registrare una continuità della dialettica che prende corpo in  atti e verbali.

  

    In casi del genere, il CTU tende a prendere le distanze, riservandosi di interpellare il giudice, provocando  a volte problemi processuali ulteriori, scaturenti  da risposte solo oralmente ottenute o in assenza di contraddittorio. Spesso, l’intervento dell’istruttore assume i toni del rigorismo formale proprio per evitare lungaggini nella gestione delle questioni proposte.

 

    Nel tempo, su tante  questioni si sono cristallizzate alcune posizioni, dei giudici di merito,  frutto di reiterate decisioni che, ora subiscono un vero scossone dopo la sentenza n. 2671 pubblicata il 5 febbraio 2020 della Seconda Sezione Civile della Cassazione (Maria Rosaria San Giorgio, Presidente, Giuseppe Dongiacomo, relatore).

 

    Qualche commento a caldo ha manifestato disorientamento e alcune perplessità, proprio perché la sentenza mostra di invertire alcune abitudini giurisprudenziali consolidate tra i giudici di merito, anche se non mancano precedenti  puntualizzazioni in fase di legittimità.

 

    Prima di entrare nella descrizione degli enunciati contenuti nella sentenza in commento, bisogna avvertire che il caso portato all’esame della Corte riguardava la fornitura di un certo numero di alamari che una azienda aveva ordinato ad un’altra specializzata nel settore.

 

    Per quanto la questione posta sembrerebbe non riguardare la verifica di documenti, settore che a noi interessa direttamente, tuttavia va riferito   che  la sentenza richiama alcuni principi di carattere generale che riguardano anche il settore delle consulenze in tema di scritture da verificare.

  

    La prima questione affrontata dalla Corte di Cassazione concerne la obbligatorietà o meno della scelta del consulente d’Ufficio tra uno dei professionisti iscritti all’albo tenuto presso il tribunale. Su questo punto la dizione del codice è specifica e piuttosto circostanziata (artt. 22 e 23 Att. CPC.); se il giudice vuole designare un consulente non iscritto, deve motivare la scelta e informare il dirigente dell’ufficio.

 

    Il vero problema appare essere l’applicabilità o meno dei criteri fissati dall’art.16 att. CPC, forse richiamato in  maniera imprecisa;   l’attuale realtà associativa in tema di grafologi forensi, non vede molte associazioni di categoria e di professionisti, ma semmai solo  sodalizi tra professionisti (genericamente detti) .

 

    A nostro modo di vedere, dopo il vuoto normativo verificatosi a partire dal 1946,quando vennero soppresse le associazioni di categoria, l’unico intervento legislativo in materia di professioni operanti nella società civile contemporanea,  può essere ravvisato  nella legge n. 4 del 2013 che ha provveduto a creare una rete di disposizioni atte a disciplinare le professioni cosiddette << non regolamentate >>.  Pur lasciando la facoltà a ciascuna categoria di sottoporsi o meno a tale regime, sta di fatto che i professionisti che vogliono allinearsi alle regole europee (poste a garanzia degli utenti, non si dimentichi), devono trovarsi raggruppati in forme associative che rispondano a specifici requisiti.

 

  I giudici della Suprema Corte hanno tenuto a precisare che << le norme che disciplinano la scelta del consulente tecnico hanno natura e finalità semplicemente direttive . Ne consegue  che la scelta di tale ausiliare da parte del giudice, anche in riferimento alla categoria professionale di appartenenza e alla sua competenza qualificata, è riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito…l’iscrizione negli albi dei consulenti tecnici, ripartiti per categorie, non pone, in effetti, un limite al potere di scelta discrezionale che spetta al giudice, il quale può nominare qualunque persona -sia iscritta o meno all’albo e, se iscritta, sia inserita nell’una piuttosto che nell’altra categoria…>>.

   

    Riteniamo che  l’enunciato della Corte e le considerazioni  svolte sulla tenuta dell’albo  costituiscano materia di riflessione per rompere le ingessature entro cui si colloca l’operato dei tribunali; riteniamo sussistano buoni argomenti per procedere ad una revisione dei criteri che regolano la tenuta dei singoli albi.

 

    Un altro rilevante aspetto trattato dalla sentenza 2671, riguarda la possibilità per il consulente di ufficio di acquisire e valutare documenti prodotti o rinvenuti  durante lo svolgimento delle operazioni. Si ritiene abitualmente che non sia più possibile acquisire documenti  di paragone una volta spirati   i termini di cui aall’art.183 cpc.

 

    Richiamando i precedenti in materia, la Cassazione ha espressamente argomentato come segue: << rientra nel potere del consulente  attingere aliunde notizie e dati non rilevabili dagli atti processuali quando ciò sia indispensabile per espletare convenientemente il compito affidatogli, sempre che non si tratti di fatti costituenti materia di onere di allegazione e di prova delle parti poiché, in tal caso l’attività svolta dal consulente finirebbe per supplire impropriamente al carente espletamento, ad opera  delle stesse, dell’onere probatorio >>

 

    L’intervento dovrebbe servire nella pratica di ogni giorno per evitare contestazioni strumentali e fuorvianti, purché non si  incorra in una violazione del contraddittorio.    

 

     Un ulteriore argomento, affrontato dalla sentenza richiamata,  riguarda la utilizzazione dell’attività di un operatore ausiliario del CTU. Questione forse  altrettanto chiara, che rende possibile e ammissibile il ricorso ad un ausiliario, a condizione che non si tratti di una sostituzione invasiva e sostituiva dell’attività del consulente.

​

s.g.

bottom of page